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I ritratti della Camera dei deputati (tra il XV ed il XVIII secolo)

Ritratto del Doge Francesco Donà

1542 circa olio su tela cm 110 x 98 Proprietà della Pinacoteca di Brera di Milano

Il dipinto fece parte della collezione privata dell'antiquario marsigliese Casimiro Sipriot e giunse a Brera per volontà testamentaria di quel donatore nel 1903. Mai esposta in Pinacoteca, la tela dal 1927 si trova presso il deposito romano della Camera dei Deputati. Si tratta di un ritratto a mezza figura del doge Francesco Donà che fu a capo della Repubblica di Venezia dal 1545 al 1553, ricordato come uno dei più autorevoli senatori con poteri sulle lagune e sull'intero territorio padovano e trevisano. La sua azione politica fu improntata a un indirizzo filofrancese, antispagnolo e anticuriale interpretato di seguito anche dai dogi Loredan e Gritti.
Tale elezione, dopo tre dogati segnati dalla guerra, fu salutata dagli uomini di cultura come l'inizio di un'epoca di pace e sviluppo civile oltre che di rinnovamento religioso, che comportò la nascita del mito dello Stato marciano difensore della pace e della giustizia. Al Donà si deve l'istituzione delle prime scuole elementari pubbliche gratuite per i ceti meno abbienti e la conclusione della renovatio architettonica promossa dal doge Gritti che vide il Palazzo Ducale completato, l'elevazione della Libreria Marciana e la conclusione del cantiere della Zecca. Alla sua morte ne furono esaltate le virtù dell'animo da importanti fonti letterarie, fra le quali Francesco Sansovino, Pietro Bembo e Antonio Morosini.
II dipinto braidense è una copia antica prodotta dalla bottega di Tiziano di un originale perduto noto attraverso piu versioni a olio e a stampa.
Una lettera di Pietro Aretino del 1546 riferisce che il ritratto originale, cominciato da Tiziano prima dell'elezione del Donà (1545), fosse terminato nel 1547. L'incendio del 1577 della sala del Maggior Consiglio del Palazzo Ducale in cui il dipinto era collocato comportò la perdita dell'opera antica e la successiva allogazione della commissione della ridipintura del ritratto a altri pittori che lavorarono sui modelli tizianeschi.
I modi del ritratto sono quelli della ritrattistica del potere messi a punto dal Vecellio, inventore di nuovi canoni per la rappresentazione dei principi apprezzato dai maggiori casati italiani e europei: gli Asburgo, i Gonzaga, i Della Rovere, i Famese. Francesco Donà è effigiato di tre quarti a mezza figura; l'immagine si staglia su un fondo neutro. Figura e spazio sono definite attraverso il colore e un chiaroscuro morbido e brillante, ancora apprezzabile nello sguardo. Sulle fattezze del volto in età, incorniciato dal tipico corno ducale, spiccano la barba bianca e gli occhi chiari diretti al riguardante. Il mantello corto (il tipico sagion) lumeggiato in oro, parzialmente aperto, lascia intravedere la cintura su cui poggia la mano destra indebolita da puliture troppo drastiche.
Inizialmente riferito a Tiziano dal Sipriot, il dipinto è stato ascritto dalla letteratura successiva alla bottega di quel maestro e da Mauro Lucco, in particolare, a Lambert Sustris, pittore olandese operante dal 1548 al 1553 nella bottega di Tiziano.
La bottega di Tiziano è stata indagata dagli studi dell'ultimo decennio soprattutto grazie a Giorgio Tagliaferro e Bernard Aikema, che hanno denominato l'impresa del cadorino "la holding Tiziano", ovvero una serie di botteghe artistiche capeggiate dal maestro aperte dal Vecellio a Venezia e Augusta e in tutta Europa - nei luoghi visitati dal pittore chiamato dalle più importanti personalità politiche del tempo - da Madrid a Dubrovnik e da Praga alle Fiandre. In tali fabbriche di immagini, operative per quasi tre quarti di secolo sulla base delle invenzioni del caposcuola, operavano il fratello Francesco, il figlio Orazio, i cugini Cesare e Marco e alcuni fedelissimi di cui è stato possibile individuare la personalità anagrafica come Girolamo Dente, Valerio Zuccante, Emanuel Amberger, e pure gli olandesi Jan Stephan Von Calcar e Lambert Sustris, i bavaresi Hans Mielis e Christoph Schwarz e, non ultimo, El Greco.
Il modello tizianesco tramandò una concezione della pittura che riguardò l'intera Europa da Velasquez a Rembrandt.

A cura di: Pinacoteca di Brera

le opere

dipinto

Ritratto di Cosimo I
Ignoto pittore fiorentino del XVI secolo da Agnolo di Cosimo detto Bronzino (Firenze 1503 - 1572)

dipinto

Maria Mancini ritratta come Santa Caterina d'Alessandria
Hyacinthe Rigaud ambito di (Antonio David attr. ; Venezia 1680 - Roma 1737)

dipinto

Ritratto di gentiluomo con baffi, abito di raso nero damascato e gorgiera
Ignoto olandese del XVII secolo (ambito di Antoon Van Dyck)

dipinto

Ritratto femminile, detta la Gioconda
Anonimo (da Leonardo da Vinci)

dipinto

Ritratto di Maddalena de' Medici Cybo
Scuola fiorentina

dipinto

Ritratto virile
Scuola veneta

dipinto

Ritratto femminile
Angelo Caroselli attribuito

dipinto

Maddalena penitente
Ignoto del XVII secolo
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